L’ipnosi è uno stato naturale della mente dal quale entriamo e usciamo – spesso senza consapevolezza – diverse volte nell’arco della giornata; è una condizione psicofisica, una finestra che si apre sull’immaginario. Attraverso tale dimensione il paziente viene a contatto con la pienezza della propria interiorità, con l’immaginario stesso e con la propria parte emozionale.
L’ipnosi clinica lavora a scopi terapeutici, agendo sul significato metaforico, simbolico o energetico dei sintomi fisici ed entrando nell’ottica che ognuno di essi è un messaggio che una parte di noi ci sta mandando attraverso il corpo. La terapia ricorre allo stato ipnotico del paziente per focalizzare l’obiettivo da raggiungere e i mezzi da utilizzare e deve necessariamente essere guidata da un esperto. Tutti noi durante una giornata entriamo e usciamo dall’ipnosi senza accorgercene per esempio ogni volta che esprimiamo l’arte in qualsiasi sua forma: musica, pittura, scultura, scrittura, sport sono soltanto alcuni dei casi in cui chi vi è immerso entra in uno stato di trance, un “altrove mentale”. In generale, tutte le situazioni di focalizzazione – intese come concentrazione esclusiva – racchiudono l’ipnosi.
Il padre dell’ipnosi moderna è Milton Erickson [1901-1980, ndr], che nel primo Novecento ha liberato l’ipnosi dall’alone esoterico, rendendola un campo di indagine scientifica e di applicazione terapeutica. Secondo questo pensiero, l’inconscio è il luogo in cui sono racchiuse tutte le possibilità di soluzione e tutte le risorse: un grande mare di idee, dove si trova quella parte di noi che sa sciogliere dubbi, sostenere e curare.
L’ipnologia non è un rigido e determinato corpus teorico: nello stato di ipnosi possono essere applicate tutte le tecniche psicoterapeutiche. Essa è considerata essenzialmente comunicazione, rivolta al paziente, di stimoli, idee e concezioni, in modo tale che egli possa essere sì ricettivo, ma liberamente critico e non passivo, alle idee presentate e possa rielaborare le proprie risposte psicofisiche.